Esplorando i sensi: il tocco come linguaggio universale dell’affetto e della connessione umana
Sono i canali attraverso i quali percepiamo il mondo che ci circonda e ci relazioniamo con esso: inostri sensi. L’olfatto ci permette di rilevare odori, profumi e sostanze chimiche nell’aria, ed è strettamente collegato alla memoria e alle nostre emozioni: un particolare profumo può evocarci vividi ricordi e scatenare intense reazioni emotive. Grazie all’udito percepiamo suoni e rumori, comunichiamo con chi ci sta intorno e ci rendiamo consapevoli dell’ambiente in cui viviamo, una consapevolezza che ci deriva altresì dalla vista, il nostro principale mezzo di interazione con il mondo esterno, e attraverso il quale distinguiamo forme, colori, movimenti e distanze.
Il senso che ci consente di distinguere i sapori fondamentali, dal dolce al salato, dall’acido all’amaro, e che può influenzare le nostre preferenze alimentari ed il piacere di mangiare è il gusto. Ma nel vasto panorama dei sensi umani, ce n’è uno che si distingue come il più intimo, il più immediato, il più primitivo: è il senso del tatto, il primo abbraccio che riceviamo al nostro ingresso nel mondo. La nostra biologia lo conferma: i feti umani sono ricoperti da una peluria sottile detta lanugine, che compare intorno al quarto mese di gravidanza, e alcuni ricercatori ritengono che questi delicati filamenti amplifichino le piacevoli sensazioni provocate dal liquido amniotico della mamma che scorre dolcemente sulla pelle, anticipando la sensazione calda e tranquillizzante che il bambino proverà quando sarà abbracciato. Ciò che rende unico il tatto rispetto agli altri sensi è la sua reciprocità: possiamo guardare senza essere guardati, ma non possiamo toccare senza essere toccati! È un potente strumento di connessione sociale che ci lega gli uni agli altri in modi profondi e significativi: è la forma più intima di comunicazione umana. È attraverso il tocco che esprimiamo il nostro amore, la nostra gentilezza, la nostra solidarietà: la carezza che consola, l’abbraccio che rassicura, il bacio che esprime affetto, quel calore che avvolge… e che arriva dove anche le parole, a volte, non bastano.
La Potenza del tocco: come il contatto fisico incide sul benessere emotivo e relazionale
La privazione di contatto fisico può avere sconvolgenti ripercussioni sullo sviluppo di un individuo e lo confermano una serie di ricerche condotte negli anni novanta su bambini che vivevano in orfanotrofio e che, nei primi anni di vita, non erano stati quasi mai toccati:presentavano deficit cognitivi e comportamentali, oltre a differenze significative nello sviluppo del cervello. Nell’infanzia non è importante solo la quantità di stimoli tattili, ma anche la loro natura equalità: i bambini, anche molto piccoli, sono in grado di distinguere il modo in cui le loro mamme li toccano, e tendono a ricambiare con lo stesso linguaggio tattile. Ma anche da adulti il tatto è importante e tende a diventarlo ancor di più mano a mano che l’età avanza: è stato dimostrato, per esempio, come un tocco gentile possa favorire l’assunzione di cibo negli anziani che vivono in casa di riposo.A qualsiasi età, per stare bene abbiamo bisogno di toccare e di essere toccati, e nei momenti della nostra vita in cui siamo più fragili, abbiamo bisogno di essere toccati più che mai.
La scienza ci spiega il perché: un semplice tocco sulla pelle può ridurre la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e i livelli di cortisolo, tutti fattori legati allo stress, sia negli adulti sia nei bambini. Facilita inoltre il rilascio di ossitocina, un ormone che ci tranquillizza, che ci rilassa e che è responsabile di quella piacevole sensazione che nasce ogni volta che abbracciamo un amico: il tatto è quindi anche un’emanazione tangibile di empatia.Niente può essere paragonato alla magia diun momento intimo con qualcuno, in cui il tatto è spesso accompagnato da una serie di altri segnali sensoriali come l’olfatto, il suono e la temperatura corporea, e privandoci del tatto perdiamo molto:perdiamo opportunità per costruire nuove relazioni, e potremmo perfino indebolire quelle esistenti. Attraverso il deterioramento delle relazioni sociali, poi, ci stacchiamo anche da noi stessi.Non è un’esagerazione dire che il tatto è una forma di linguaggio: lo usiamo ogni giorno per comunicare le nostre emozioni e, a nostra volta, dal modo in cui gli altri ci toccano siamo capaci di leggerne intenzioni, stati d’animo e sfumature caratteriali.Pensiamo alle molte sfaccettature di una semplice stretta di mano e a quanto ci può rivelare di una persona: una stretta di mano energica esprime determinazione, sicurezza, autostima e apertura mentale; chi tende quasi a“stritolarci” la mano ci manifesta un desiderio di controllo, che non sempre ci è gradito; se delicata esprime empatia e gentilezza, ma se troppo delicata e quasi esitante, la classica“mano molle’’, è tipica di chi ha difficoltà a relazionarsi o ha un senso quasi di timore nei nostri confronti; chi ci stringe la mano a pinza, afferrandoci solo le dita, ci comunica una sorta di desiderio di distacco; chi invece usa entrambe le mani, nella cosiddetta stretta “a sandwich”, ci manifesta affetto e apertura.Ecco che una stretta di mano ci dà molte più informazioni di quanto potremmo pensare, e può essere determinante, per esempio, in un colloquio di lavoro: se decisa e sicura, molto probabilmente sarà un successo!
Esplorando l’universo sensoriale: oltre i cinque sensi
Ma la nostra esperienza sensoriale è molto più vasta e ricca di quanto spesso ci si renda conto. Oltre ai classici cinque sensi – vista, udito, olfatto, gusto e tatto – ci sono altri sensi altrettanto cruciali che plasmano la nostra percezione del mondo e la nostra esperienza di vita. La propriocezione, ad esempio, ci consente di percepire la posizione e il movimento del nostro corpo nello spazio, e, insieme con il sistema vestibolare, ci permette di mantenerci in equilibrio senza necessariamente guardare i piedi mentre camminiamo: è la nostra bussola interna, quella forza invisibile che ci consente di camminare con fiducia, di saltare con grazia e di muoverci con precisione, coordinazione e armonia.
E poi c’è l’enterocezione, grazie alla quale siamo in grado di percepire le sensazioni interne del nostro corpo, come la fame, la sete, il dolore e altri segnali che riflettono il nostro stato di benessere fisico ed emotivo: ci connette con il nostro essere più profondo, ci avverte dei nostri bisogni permettendoci di rispondere di conseguenza.In questo contesto di sensi e percezione, e sulla base della stretta relazione bidirezionale che intercorre fra biologia e mente, è degna di nota la Teoria Polivagaledi Stephen Porges: esiste un sistema di monitoraggio implicito che verifica continuamente le condizioni di sicurezza sia del nostro ambiente interno, e quindi sensazioni, emozioni e pensieri, sia dell’ambiente al di fuori di noi, ed è la neurocezione. Secondo Porges, il nostro corpo è costantemente impegnato in una valutazione inconscia dell’ambiente per determinare se sia sicuro o minaccioso, attraverso segnali sensoriali non verbali, come il tono della voce, l’espressione facciale, la postura corporea e altri segnali non verbali che trasmettono informazioni sullo stato emotivo e relazionale degli altri: ne conseguono risposte neurologiche che influenzano il nostro stato emotivo, il nostro comportamento sociale e la nostra capacità di regolare lo stress.In un mondo vibrante di esperienze, siamo esseri sensoriali complessi, dotati di un vasto arsenale di sensi che ci connettono al nostro ambiente e arricchiscono ogni istante della nostra esistenza.
Vivere pienamente e cogliere appieno la bellezza di ciò che sta fuori e dentro di noi… è quindi questione di“buon senso’’: è essenziale celebrare ed allenare tutti i nostri sensi, per aprire le porte ad un universo di emozioni.
Carla Tosco
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