Sopraffatti dalla ricerca della perfezione: esplorando l’atelofobia nella società contemporanea
Negli ultimi anni, la società sembra essere stata pervasa da un incessante desiderio di perfezione: anche a causa dell’aumento delle aspettative, dell’onnipresenza degli influencer online e della pubblicità, ci troviamo immersi in un costante confronto, dall’aspetto fisico alle prestazioni lavorative, con ideali irrealistici e standard in continua evoluzione. Il non riuscire a raggiungere la vetta più alta o il top delle aspettative non è però vissuto allo stesso modo da ogni essere umano: c’è chi convive serenamente con la consapevolezza delle proprie imperfezioni e c’è chi invece è permeato da un desiderio maniacale di essere impeccabile in ogni cosa.
Il non riuscire ad accettare di poter essere un gradino più in basso rispetto alla perfezione può essere un vero e proprio disturbo ed è l’atelofobia: dal greco atelès, “imperfetto”, e phóbos, “paura”, l’atelofobia è quindi la “paura dell’imperfezione”. Si tratta di una condizione psicologica che si manifesta come una paura persistente e irrazionale di non essere abbastanza bravi, adeguati e competenti ed è frequente in chi ha un atteggiamento perfezionista e tende a fare continuamente confronti con gli altri, in chi è ossessionato dall’idea di commettere errori o di non soddisfare gli standard elevati che si è imposto. Questa condizione può influenzare profondamente la vita quotidiana, causando ansia e stress, e chi ne soffre può arrivare ad evitare situazioni in cui teme di non essere all’altezza, a procrastinare per paura di fallire e a sperimentare una forte autocritica ed una bassa autostima.
Trauma, genere e pressioni sociali: le diverse facce dell’atelofobia nella società moderna
È una sorta di ansia da prestazione che interessa sia uomini che donne, ma in misura diversa: si stima che le donne, più degli uomini, sviluppino la paura dell’imperfezione perché socialmente sono maggiormente spinte ad essere “perfette” per essere accettate e apprezzate, e perché sollecitate a fare continui paragoni con altre donne. Può scaturire da eventi traumatici in cui, a causa di un errore o di un risultato non eccellente, si è stati esclusi o derisi e ci si è sentiti in qualche modo umiliati. Non necessariamente è una condizione propria di chi si trova in posizioni di inferiorità rispetto ad altri, può coinvolgere anche persone che ricoprono ruoli di rilievo e che ambiscono alla perfezione in altri ambiti di vita, che possono quindi avere un atteggiamento adeguato e funzionale in un determinato contesto ma essere insicure in altri ambiti di vita: quest’insicurezza può influenzare negativamente anche quelle aree in cui ci si sente più tranquilli e fiduciosi. Spesso sono genitori troppo esigenti a favorire questa condizione: l’avere sempre qualcuno che controlla ogni passo, chiedendo perché non si è fatto di più, perché non si è stati i migliori… è come camminare su un terreno minato, come essere in una gara senza fine dove il traguardo appare sempre più lontano perché, per quanto ci si sforzi, sembra che non sia mai abbastanza. Ed inevitabilmente si sviluppa un senso di inadeguatezza.
Oltre le pressioni sociali: il circolo vizioso dell’atelofobia e la via verso l’accettazione di sé
Ma ci sono anche altre figure “responsabili”, o in qualche modo incisive, su un comportamento così “deviato”: tutte quelle persone da cui si vorrebbe essere apprezzati, accettati e valorizzati, in qualunque ambito, da quello personale, affettivo, lavorativo e sociale, fino a quello estetico, legato cioè alla propria immagine corporea, e che, per diverse ragioni, molto spesso legate ad una percezione distorta, si ha la sensazione di deludere. Un atelofobico tende a porsi obiettivi sempre molto elevati, con l’illusoria convinzione che si sentirà appagato e gratificato solo quando raggiungerà quei traguardi, ma, poiché sono obiettivi il più delle volte irrealistici, inevitabilmente fallirà e si sentirà imperfetto, ed ecco che si instaura un circolo vizioso emotivamente insostenibile: chi teme l’imperfezione può manifestare sintomi d’ansia fino ad avere veri e propri attacchi di panico e, con il tempo, può arrivare a sviluppare anche una sintomatologia depressiva. Se si ha la sensazione di “non essere mai abbastanza”, di voler fare sempre di più o sempre meglio per sentirsi adeguati, quando si trascurano i propri desideri, la stanchezza, il proprio benessere per inseguire un ideale di perfezione… molto probabilmente, si è in balìa di un comportamento anomalo rispetto alle proprie performance che può sfociare nell’atelofobia. Non è facile convivere in una tale condizione e, alla lunga, diventa psicologicamente poco sostenibile: laddove si generi una sintomatologia ansiosa che arriva ad interferire significativamente con la quotidianità, con le scelte di vita e con il benessere fisico è indicata una psicoterapia adeguata, come la psicoterapia cognitivo comportamentale. Il primo passo per stare meglio è accettare le proprie, umane, imperfezioni: l’autoironia, il riuscire a ridere benevolmente di sé e dei propri errori può essere un vero bel traguardo da raggiungere!
Oltre la Ricerca della Perfezione: Accettarsi e Crescere nella Propria Umanità Imperfetta
Viviamo in un’epoca in cui la società ci sollecita incessantemente a cercare la perfezione, spingendoci a inseguire obiettivi irrealistici e standard inarrivabili. Tuttavia, è fondamentale ricordare che, nonostante gli stimoli a migliorare, è essenziale accettarsi per quello che si è. La crescita personale dovrebbe essere un viaggio di scoperta e di miglioramento, non un’ossessione per raggiungere la perfezione, anche perché la perfezione non esiste, è un concetto soggettivo e mutevole: ciò che può sembrare perfetto oggi potrebbe non esserlo domani, e ciò che è perfetto per una persona potrebbe non esserlo per un’altra. Da un punto di vista neuroscientifico, accettarsi per come si è assume un significato profondo. Il nostro cervello è intricato e complesso, con regioni specializzate che influenzano il modo in cui percepiamo e giudichiamo noi stessi. In particolare, l’amigdala, una regione coinvolta nelle emozioni, può reagire in modo negativo quando ci confrontiamo con ideali di perfezione non realistici, e questa reazione può innescare sentimenti di ansia e stress, minando la nostra autostima e il nostro benessere emotivo. Inoltre, accettare se stessi può favorire relazioni più sane ed autentiche con gli altri.
Troppo spesso siamo duri con noi stessi, criticandoci per i nostri difetti e le nostre mancanze, quando invece dovremmo imparare a trattarci con la stessa gentilezza, pazienza e compassione che riserviamo agli altri. Questo non significa ignorare i nostri difetti o smettere di cercare di migliorare, ma piuttosto abbracciare la nostra umanità imperfetta con comprensione e tolleranza: ogni errore è un’opportunità per crescere e diventare una versione migliore di noi stessi. Ed è importante educare i giovani, a partire dalla tenera età, a riconoscere le proprie qualità, ad accettare i limiti e le proprie imperfezioni, a non temere il fallimento e ad imparare a riconoscere e ad apprezzare un buon risultato ottenuto, sebbene imperfetto. Accettandoci per come siamo ci liberiamo dal peso delle aspettative e dal giudizio altrui, e ci immergiamo nella bellezza di essere esattamente chi siamo. Nessuno è perfetto. E per fortuna! Ognuno di noi è un universo di sfaccettature, imperfezioni comprese, che ci rendono unici e autentici: è proprio questa diversità che rende il mondo così ricco e affascinante.
Carla Tosco
[scopri tutti i nostri articoli]
Leave A Reply