Introduzione: La Potenza delle Parole
“Le parole sono, nella mia non modesta opinione, la nostra massima e inesauribile fonte di magia, in grado sia di infliggere dolore che di alleviarlo”.
È con questa frase che Albus Silente, il mago buono, preside di Hogwarts, la più famosa scuola di magia e stregoneria che tutti conosciamo grazie alla serie di romanzi di Harry Potter, legittima l’importanza estrema delle parole.
Una parola giusta può creare accoglienza e speranza, mentre una parola sbagliata può indurre alla fuga, generare un dramma, creare sofferenza emotiva e vero e proprio dolore fisico. E come Cesare Cremonini che canta “Le tue parole fanno male”, da secoli scrittori e musicisti descrivono, a parole e con le note, lo stretto legame che intercorre fra la sofferenza emotiva, che una parola sbagliata può provocare, e il dolore fisico, un legame che invece per gli scienziati è sempre stato più difficile da spiegare.
Scoperte Recenti sulla Neurobiologia delle Parole
Ebbene, alla luce di recenti nuove scoperte, che dimostrano come l’attivazione cerebrale delle parole negative sia equiparabile al dolore fisico, possiamo affermare che quel senso di malessere causato da atteggiamenti e comportamenti che ci feriscono ha una solida base neurobiologica!
A livello di connettività tra le diverse aree del cervello si è visto che il rinforzo negativo attiva la rete neurale che percepisce ed elabora il dolore con aree sovrapponibili al dolore fisico: la parola negativa, dunque, ferisce.
E quando la comunicazione non funziona, quando subiamo parole e atteggiamenti ostili o non supportivi, si è osservata un’attivazione delle aree motorie, come se sentissimo minata la nostra integrità e fossimo pronti a reagire o a fuggire.
Dolore Morale e Fisico: Un Legame Neurobiologico
Esiste quindi una sorta di corrispondenza fra il dolore «morale», che le parole possono procurare, e quello fisico, e analoga corrispondenza era già stata riscontrata con la solitudine, che attiva nel nostro cervello precise aree nervose che ci fanno «stare male», proprio per indurci a porvi rimedio, e quindi a sopravvivere; le stesse aree che, ancora una volta, vengono attivate anche dal «male» fisico, questo perché il dolore, lo sappiamo, è un meccanismo protettivo.
E di fronte a parole mal dette, oppure non dette, mettiamo in atto reazioni protettive, di lotta o fuga: davanti a ostilità o indifferenza si fugge per non subire i morsi del dolore.
Il Ruolo Cruciale della Comunicazione nella Relazione Medico-Paziente
Se pensiamo all’importantissima quanto delicata relazione medico-paziente, la fuga davanti a un medico poco «sensibile» è quanto di meno utile ci possa essere in una relazione di cura!
Il mancato riconoscimento dei bisogni di una persona rappresenta una vera e propria violazione della relazione sociale, fenomeno ancora più evidente e importante se quella relazione è proprio tra medico e paziente.
E se il disallineamento bisogno-risposta persiste, la relazione può perdere di significato diventando inutile, se non addirittura dannosa. Si dovrebbero sempre trovare il tempo e i modi per ascoltare l’altro, con i suoi spazi e i suoi tempi, usando una comunicazione attenta ed efficace, accogliendo il suo bisogno di empatia, di riconoscimento, per poter garantire una relazione che sia di valore, e addirittura terapeutica, nel caso si tratti del rapporto fra un medico e il suo paziente.
Un approccio proattivo e attento alla comunicazione da parte di un operatore sanitario è in grado di ridurre nei pazienti e nei loro familiari sintomi di ansia e depressione, offrendo la possibilità di esprimere le loro emozioni, alleviare i sensi di colpa e di comprendere gli obiettivi delle cure, che non sempre sono immediatamente intuibili. Il tempo della comunicazione fra medico e paziente è tempo di cura!
Ma le parole e il modo di comunicare rappresentano il filo invisibile che tesse qualsiasi relazione.
La Potenza Distruttiva delle Parole: Svalutazione, Squalificazione e Disconferma
Le parole possono far male, e la scienza ce lo conferma, così come le parole dette senza affetto o empatia possono essere causa di grandi carenze negli esseri umani, vuoti di solitudine e isolamento per un bambino e voragini di delusione e amarezza per un adulto.
Lo psicologo austriaco Paul Watzlawick, esperto di comunicazione e linguaggio, formulò una teoria sul potere distruttivo delle parole contenute nella comunicazione umana e i modi più comuni in cui queste feriscono, ossia la svalutazione, la squalificazione e la disconferma.
Si parla di svalutazione quando si tende a sminuire il valore dell’altra persona, togliendo importanza a tutto quello che dice o fa, attraverso un linguaggio volto a screditare e a svalutare del tutto la sua figura, la sua essenza. È una comunicazione molto distruttiva.
Nel caso della squalificazione, lo scopo non è più quello di svalutare l’altro, ma quello di “invalidarlo”.
La disconferma è un livello di comunicazione che arriva ad annullare del tutto una persona, mirando ad ignorarla. Con le parole possiamo quindi svalutare, squalificare, ignorare.
La Neurochimica delle Parole e l’Importanza della Comunicazione Virtuosa
“Verba volant” in fondo non è poi così vero, le parole restano e segnano nel profondo, hanno un peso nelle azioni e reazioni delle persone, nel bene e ne male, e dunque farne un uso consapevole e recuperare modelli virtuosi di comunicazione non può che favorire un percorso di evoluzione culturale. Si parla di neurochimica delle parole: ogni parola produce, in chi le ascolta, delle reazioni a livello fisiologico, emotivo, comportamentale e cognitivo!
Le conversazioni piacevoli stimolano la produzione di ossitocina, l’ormone dell’amore, che aumenta la nostra capacità di comunicare, collaborare e di fidarci degli altri, attivando reti neurali nella corteccia frontale. Al contrario, di fronte alle offese e al rifiuto da parte degli altri, il nostro cervello produce elevati livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, che chiude i centri del pensiero razionale nel cervello, e attiva reazioni di difesa, di protezione o di attacco.
Pensiamo all’uso della parola che si fa sui social e a quanto possa influenzare, spesso negativamente, i nostri comportamenti! C’è chi ritiene che la parola sia sempre libera, anche quando sia veicolo d’odio; altri chiedono invece a gran voce più limiti, più regole e più controllo.
Per contrastare la parola negativa e gli stili di conversazione improntati all’offesa è necessario un impegno educativo e culturale nella gestione dei rapporti individuali, partendo dall’educare i bambini a prestare attenzione alle parole, e a seminare con pazienza nei ragazzi, travolti dal flusso delle espressioni ostili che scorre nella rete, parole positive, cariche di gentilezza e rispetto, che avvicinino e trasformino i nemici in persone.
“Le parole gentili possono essere brevi e facili da pronunciare, ma la loro eco è davvero infinita” diceva Madre Teresa di Calcutta. Ed è così, le parole gentili fanno la differenza. Le parole sono tutto. Le parole sono pietre e le parole sono balsamo. Paolo Borzacchiello nel suo ‘’Basta dirlo’’, un libro che assolutamente consiglio a tutti, ci parla delle parole da scegliere e quelle da evitare, per una vita felice.
Perché la felicità, per l’autore, non è una meta irraggiungibile ma si può creare, un pezzo alla volta… parola dopo parola.
Carla Tosco
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