La chimica dell’amore: quando cuori e cervelli si incontrano
Per San Valentino il mondo si è tinto di rosso, il colore della passione e delle promesse d’amore, ed il romanticismo che è in ognuno di noi si è risvegliato attraverso magiche cene a lume di candela, pensieri scintillanti, playlist dedicate e molto altro, trasformando il quotidiano in un caleidoscopio di emozioni!
L’amore, un’esperienza che ha incantato poeti, artisti e filosofi nel corso dei secoli, è anche un fenomeno scientifico straordinario. Dietro queste emozioni scatenate da cuori intrecciati e sguardi appassionati si cela infatti una complessa chimica che guida il nostro affetto: la chimica dell’amore! Nell’immaginario comune, il centro pulsante dell’amore è il cuore. In realtà l’organo che guida le nostre emozioni è il cervello, che, quando ci innamoriamo, viene letteralmente invaso da una serie di messaggeri molecolari dell’amore (neurotrasmettitori e neurormoni), producendo una varietà di risposte fisiche ed emotive.
Quando iniziamo a guardare qualcuno con occhi diversi siamo già nella prima fase dell’innamoramento, decisamente caotica e piacevolmente eccitante, guidata per lo più dagli ormoni sessuali, gli estrogeni e il testosterone, che fanno prevalere l’attrazione fisica. A questo punto ci colpisce la freccia di Cupido, che induce il rilascio, da parte dell’ipotalamo, di alti livelli di dopamina, un neuromodulatore associato a ricompensa, desiderio, dipendenza e stati euforici, che ci mette in quella condizione per cui ci sentiamo bene e siamo felici. Il sentimento amoroso, sperimentato nella fase iniziale e quindi nel suo momento più “potente”, agisce sulle stesse aree neurali su cui esplicano il loro effetto i farmaci antidolorifici, le aree ‘primitive’ e profonde del cervello, quelle dell’appagamento e del piacere, ed è in grado quindi di spegnere il dolore o di ridurne la percezione, esercitando così anche un’azione analgesica. Da uno studio di qualche anno fa è emerso, per esempio, che basta guardare una foto del nostro innamorato per soffrire meno! L’aumento di dopamina va di pari passo con un picco di noradrenalina, la sostanza responsabile degli effetti fisici della passione, e quindi quella sensazione di calore, la maggior sudorazione ed il cuore che batte all’impazzata, tipici di chi si sta innamorando.
Amore e neuroscienze: quando il cuore sospinge la ragione
Il maggior rilascio di adrenalina innesca inoltre degli spasmi a livello della muscolatura liscia del sistema digestivo e dei muscoli dell’addome, provocando quella strana sensazione di vuoto e formicolio nella pancia, le cosiddette “farfalle nello stomaco”. Ma la noradrenalina non si limita a stimolare una risposta fisica, influisce anche sul nostro stato mentale: quando ci innamoriamo abbiamo un minor controllo sulle nostre funzioni cognitive, siamo distratti e tendiamo a concentrarci soprattutto sull’oggetto della nostra infatuazione, vivendo sospesi in uno stato di fervida immaginazione e di sogni romantici… abbiamo la “testa fra le nuvole”! Un fenomeno tipico che si verifica quando siamo innamorati è la perdita di razionalità: l’amore ci spinge a compiere azioni che mai avremmo pensato di essere capaci di mettere in atto, ed il nostro innamorato ci appare privo di difetti. Dietro questo meccanismo, vi è l’azione della corteccia prefrontale, area cerebrale del nostro cervello deputata al ragionamento e al giudizio critico, che quando ci innamoriamo è meno attiva nei confronti dell’oggetto del nostro amore, al punto quasi di idealizzarlo: non per nulla si dice che “l’amore è cieco”. I giudizi razionali sono dunque temporaneamente sospesi o non più applicati con lo stesso rigore durante la fase dell’innamoramento e tendiamo ad ignorare eventuali comportamenti dell’altro che normalmente non avremmo apprezzato. Oltre a questo, in una persona innamorata, si assiste anche a una riduzione dell’attività dell’amigdala, una regione del cervello nota per il suo ruolo nella rilevazione di stimoli minacciosi e nell’attivazione di paura e altre emozioni negative.
Le Fasi dell’innamoramento: tra follia e stabilità
L’innamoramento ci rende eccitati, euforici, felici e sognatori, ma porta con sé anche sentimenti di stress e ansia, con tutti i sintomi correlati. Colpa dell’aumento del cortisolo, l”ormone dello stress”, che viene rilasciato in risposta alla paura atavica di perdere il legame che si è creato con l’altra persona. Contemporaneamente, nel cervello innamorato, si abbassa drasticamente il livello di un altro neurotrasmettitore, la serotonina, con conseguente insonnia, irritabilità e mancanza di appetito. Non ci sono dubbi che l’innamoramento sia una forma transitoria di follia: siamo costantemente su di giri, spesso euforici, o alterniamo momenti di gioia ad altri di sconforto estremo se il nostro innamorato ci tiene sulle spine, il pensiero è costantemente rivolto all’altro che trasfiguriamo come l’essere più straordinario al mondo, perdiamo interesse nelle attività quotidiane che ci sembrano tutte inutili e banali, siamo meno concentrati, mangiamo meno e dormiamo poco. Si tratta di una condizione altamente dispendiosa, con uno scompenso biochimico così forte che il nostro corpo non sarebbe in grado di tollerare a lungo. Ecco infatti che superata la fase iniziale, poi, tutto torna nella norma. Secondo gli esperti questa tempesta di trasmettitori chimici può durare dai 12/18 mesi fino a circa 3 anni, dopo i quali i livelli di stress si abbassano, le fiamme della passione si calmano, cominciamo a vedere i difetti dell’altro… Ma ciò non significa che ci si debba arrendere: le farfalle forse volano via ma lasciano il posto a qualcos’altro! Possono infatti entrare in gioco i meccanismi dell’attaccamento, che danno quel piacere di stare insieme derivato dalla conoscenza: la vera sfida è proprio il saper trasformare l’innamoramento in un sentimento più solido e sereno, il che implica ovviamente un atto di volontà, un’arte che va oltre l’impeto delle emozioni e che richiede cura e dedizione, e se la relazione va avanti intervengono a questo punto alcuni neuropeptidi come l’ossitocina e la vasopressina, che, da un lato riducono i sistemi dello stress e spengono la tempesta ormonale iniziale, dall’altro, rappresentano la base della gioia e della serenità dovuta allo stare insieme ad un altro.
L’Amore: dal fuoco dell’innamoramento alla quiete accesa
L’ossitocina, nota come l’ormone dell’amore, è responsabile della creazione di legami emotivi profondi, e viene rilasciata durante il contatto fisico, gli abbracci, i baci… contribuendo a consolidare il legame con il nostro partner, mentre la vasopressina regola il comportamento sociale e l’attitudine alla fedeltà. La dopamina dell’innamoramento e l’ossitocina dell’attaccamento rappresentano le due facce dell’amore: mentre la prima induce una sensazione di eccitazione e piacere, l’altra genera sentimenti di fiducia, intimità e sicurezza. Ed è una transizione biochimica che sottolinea la naturale evoluzione di una relazione, dall’entusiasmo iniziale ad una connessione più profonda e duratura. Diventare consapevoli di questo processo ed impegnarsi per sviluppare un attaccamento sano è il segreto per una relazione appagante e che duri a lungo… All’inizio l’amore divampa, poi, nel tempo, si spegne, ed è quasi sempre la noia a segnalarci che questa passione non brucia più e che qualcosa è perduto. Eppure, esistono, per fortuna, amori che sanno perdurare senza mai smettere di bruciare, con qualche farfalla che ancora svolazza qua e là, perché vengono coltivati e alimentati, rinnovati ogni volta… perché sanno essere, come diceva Ungaretti, una “quiete accesa”.
Carla Tosco
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