“La noia è il desiderio di desiderare.”
E in estate, quando il tempo sembra dilatarsi, possiamo finalmente ascoltarlo.
Agosto. Il mese sospeso per eccellenza. Le città si svuotano, gli uffici si diradano, le risposte automatiche dominano le caselle mail. Il tempo si allunga, le giornate si dilatano e il caldo ci invita – seppur silenziosamente – a rallentare.
Eppure, nonostante tutto, facciamo fatica a fermarci. Anche in vacanza restiamo iper-connessi, attivi, operativi. Cambiamo solo contesto: dall’ufficio al mare, dallo schermo del PC a quello dello smartphone, da una riunione su Zoom a un’escursione pianificata minuto per minuto. Ci siamo convinti che “rilassarsi” significhi solo fare cose diverse, invece che fare meno, o addirittura non fare nulla.
La verità è che abbiamo perso l’abitudine al vuoto. Ci spaventa. Ma il vuoto, da cui deriva la parola “vacanza” (dal latino vacuum), non è assenza. È spazio. È possibilità.
Il viaggio ha sostituito la vacanza. Una volta agosto era il tempo dell’ombrellone fisso, della stessa pensioncina di famiglia, delle giornate lente e tutte uguali. Ci si annoiava, e pure parecchio. Oggi no. Oggi si viaggia, si cambia tappa ogni due giorni, si prenota col QR code, si fotografa tutto, si condivide ogni pranzo. Abbiamo fatto della vacanza un tour de force, un dover vivere esperienze a tutti i costi. E se non ci succede niente di speciale, ci sentiamo come se avessimo buttato via il tempo.
Ma forse abbiamo frainteso il senso dell’estate. Forse non è il momento dell’adrenalina, ma della sospensione. Forse non dobbiamo riempire ogni istante, ma lasciarne qualcuno vuoto. E forse la noia, proprio quella che cerchiamo in tutti i modi di scacciare, potrebbe essere una chiave nascosta per il nostro benessere.
Perché la noia ci serve (anche se non ci piace)! Siamo cresciuti con l’idea che annoiarsi sia sbagliato. Che chi si annoia non abbia interessi, non sia curioso, non sappia vivere. Ma non è così semplice.
La noia non è un difetto. È una funzione biologica. È il modo con cui il cervello ci segnala che ha bisogno di una pausa, di spazio per riorganizzarsi, per lasciare fluire i pensieri in libertà. In quel momento, la mente passa da una modalità “attiva” a una più riflessiva, che tecnicamente sichiama default mode network: una rete di aree cerebrali che si accende quando non facciamo nulla. E proprio in quella modalità emergono le intuizioni, la creatività, le connessioni profonde.
Non è un caso che le migliori idee vengano mentre camminiamo senza meta, stiamo in doccia o osserviamo il cielo sdraiati su un prato.
La noia non è un vuoto sterile, ma un vuoto fertile. È il terreno dove possono germogliare pensieri nuovi, desideri veri, risposte che nella frenesia non trovano spazio per emergere.
E allora perché non sfruttare proprio l’estate per farle posto, a questa noia?
In questo tempo più lento, più caldo, più sospeso, potremmo provare – anche solo per un giorno – a non pianificare nulla. A non fissare obiettivi, a non incastrare attività, a non seguire notifiche. A camminare senza meta, a guardare le nuvole, a non toccare il telefono per un paio d’ore. Semplicemente per vedere che cosa succede.
Magari niente. Oppure tutto.
Siamo stanchi, in generale, e oggi siamo stanchi anche in vacanza. La nostra fatica non viene solo dal lavoro o dagli impegni. Viene da una stimolazione costante, da uno stato di allerta ininterrotto. Viviamo perennemente attivati, sovraccarichi di input, di notizie, di suoni, di messaggi, di stimoli. Non sappiamo più cosa sia il silenzio, l’attesa, la lentezza.
E tutto questo ha un prezzo. Lo paga il sistema nervoso, che resta in modalità “allarme” anche quando dovrebbe rilassarsi. Lo paga la mente, che fatica a concentrarsi. Lo paga il corpo, che accumula tensioni, insonnia, malessere.
La noia è un reset. È un balsamo neurologico. È una piccola rivoluzione a costo zero.
Attenzione però: la noia va saputa dosare! Un conto è prendersi ogni giorno un’ora per fare nulla. Un altro è vivere giornate vuote di senso, routine grigie e prive di stimoli.
La noia cronica può trasformarsi in apatia, demotivazione, perfino depressione. Può spingerci a cercare sollievo in comportamenti nocivi: cibo, alcol, compulsioni digitali. È una fiamma che va tenuta bassa ma viva. Una pausa che ricarica, non una paralisi.
Forse il motivo per cui ci annoiamo tanto… è che non sappiamo più restare con noi stessi. Abbiamo sempre uno schermo, una playlist, un’agenda, qualcosa da fare.Ma sotto il rumore, spesso, c’è un disagio profondo: il timore di sentire cosa proviamo davvero, cosa ci manca, chi siamo.
La noia diventa allora una forma di meditazione inconsapevole. Un esercizio di presenza. Un ritorno all’essenziale. È come mettere la mente a sedere e dirle: “Adesso respira”.
Non servono grandi gesti. Bastano piccole pratiche quotidiane, soprattutto adesso che il tempo lo consente: spegnere le notifiche per un pomeriggio, uscire senza meta, senza musica nelle orecchie, guardare il cielo per dieci minuti, lasciare il cellulare a casa per una passeggiata, non “riempire” ogni istante libero: lasciarne qualcuno in bianco.
All’inizio sarà scomodo. Sembrerà tempo buttato. Ma poi… qualcosa cambia. La mente si apre. I sensi si risvegliano. E ci accorgiamo che non serve sempre fare. A volte basta essere.
Proviamo a immaginare agosto non come un mese da riempire, ma da svuotare. Non solo di impegni, ma di aspettative. Lasciamo qualche casella vuota in agenda. Programmiamo anche il niente.
Non è tempo perso. È tempo nostro. Un tempo che non serve a mostrare nulla, a produrre nulla, a guadagnare nulla. Solo a riconnetterci con quello che conta davvero.
“La noia non è assenza di stimoli, è assenza di direzione.”
Riscopriamola. In questo agosto che ci regala tempo. E usiamolo bene: per perderci. Per ritrovarci.
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