Ormai è un anno che sentiamo parlare di virus, RNA, test sierologici, vaccini. E in molti vi sarete chiesti: come fa un virus a infettare un organismo? Qual è la differenza tra il test sierologico e il tampone? Cosa sono le IgG e le IgM? Questo approfondimento è pensato proprio per chiarire alcuni dubbi comuni e per fornirvi strumenti utili per orientarvi tra le informazioni dei giornali e le discussioni degli specialisti.
Infezione virale e risposta immunitaria
Partiamo dal principio: che cos’è un virus? Gli studiosi lo definiscono come «un’entità biologica con caratteristiche di parassita obbligato», il che significa che può replicarsi esclusivamente all’interno delle cellule degli organismi. Possono essere infettate dai virus tutte le forme di vita: animali, piante, microrganismi, addirittura altri virus. In che modo? Secondo l’enciclopedia Treccani, l’infezione avviene quando un virus riesce a penetrare all’interno di una cellula con la quale è venuto in contatto: a quel punto il suo genoma si integra nel materiale genetico della cellula ospite, ne altera il patrimonio genetico e la obbliga a sintetizzare acidi nucleici e proteine virali e quindi a replicare il virus. Il genoma virale può essere costituito da DNA o da RNA: per questo motivo si distinguono virus a DNA o desossivirus e virus a RNA o retrovirus.
Naturalmente gli organismi hanno elaborato alcune modalità di risposta all’infezione virale: negli animali, per esempio, si produce una risposta immunitaria che di solito è in grado di eliminare il virus infettante. Tra le varie cellule che intervengono nella risposta immunitaria ci sono anche i linfociti B, che producono le immunoglobuline, ossia: gli anticorpi. Nonostante ciò, esistono virus in grado di eludere queste risposte immunitarie, come quelli che causano l’AIDS e l’epatite virale, e capaci quindi di provocare infezioni croniche.
La prima volta in cui l’organismo viene infettato o entra in contatto con una sostanza estranea – che viene chiamata antigene – il sistema immunitario stimola la produzione degli anticorpi che sono in grado di legarsi all’agente estraneo per renderlo maggiormente visibile e suscettibile all’azione degli altri attori del sistema immunitario. Non capita però immediatamente: quando un antigene aggredisce l’organismo per la prima volta, le immunoglobuline impiegano un po’ di tempo per accorgersi della sua pericolosità.
Dopo che la sostanza estranea è stata debellata, però, nel circolo sanguigno rimangono le cellule “di memoria”, capaci di riconoscere prontamente l’antigene nel caso si ripresentasse e in grado quindi di produrre una risposta più rapida e forte; nel caso dei microrganismi, questo meccanismo di memoria aiuta a prevenire le re-infezioni.
IgM e IgG: definizione e differenze
Nelle recenti discussioni sui test sierologici avrete probabilmente sentito parlare di IgM e IgG: si tratta di due delle cinque classi di immunoglobuline, che ricoprono ruoli diversi all’interno del nostro sistema immunitario, insieme alle IgA, IgD, IgE.
Le IgM vengono prodotte alla prima risposta dell’organismo a una nuova infezione o a un nuovo antigene estraneo, e forniscono una protezione a breve termine. La concentrazione di IgM aumenta per alcune settimane e poi diminuisce quando inizia la produzione di IgG.
Le IgG rappresentano circa il 75% delle immunoglobuline del sangue, sono prodotte anch’esse durante la prima infezione oppure all’esposizione di antigeni estranei. Aumentano dopo qualche settimana dal contatto, per poi diminuire e stabilizzarsi. Le IgG sono responsabili della protezione a lungo termine contro i microrganismi. Mantenute nella memoria dell’organismo, possono essere riprodotte a ogni esposizione allo stesso antigene: nelle persone con un sistema immunitario normale, dunque, la produzione delle IgG è sufficiente a prevenire una nuova infezione. Fatto da non sottovalutare, le IgG riescono a fornire protezione al feto durante la gravidanza e al neonato durante il primo mese di vita perché sono le uniche immunoglobuline che passano attraverso la placenta.
Tampone o test sierologico?
Come probabilmente saprete già, il tampone è un esame di laboratorio che serve a individuare la presenza del coronavirus all’interno delle mucose respiratorie. Il suo risultato fornisce una sorta di istantanea dell’infezione.
Al contrario, il test sierologico è utilizzato per individuare tutti coloro che sono entrati in contatto con il virus individuando gli anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario in risposta al virus. Quindi in qualche modo risulta utile per “raccontare” la storia della malattia.
I test sierologici sono essenzialmente di due tipi: quelli rapidi e quelli quantitativi. I primi si eseguono prelevando una goccia di sangue e sono in grado di stabilire se la persona ha prodotto anticorpi, e quindi se è entrata in contatto con il virus. I test quantitativi invece necessitano di un prelievo per dosare in maniera specifica le quantità di anticorpi prodotti. In entrambi i casi i test sierologici vanno alla ricerca delle IgM e IgG: se evidenziano la presenza di queste ultime, significa che l’infezione si è verificata da più tempo.
Leave A Reply