Sarà capitato a molti di voi di dover fare i conti con fastidiosi gonfiori addominali, problemi di stitichezza o di diarrea, stanchezza e riduzione della forza, malessere generale, cambiamenti dell’umore, disturbi del sonno, cistiti frequenti e ricorrenti.
Dai più recenti e accreditati studi scientifici emerge che questa serie di sintomi può essere ricondotta all’alterazione del microbiota intestinale, un popolo di microrganismi che vive nel nostro intestino. Si pensa infatti che il microbiota possieda un ruolo importantissimo dal punto di vista immunologico, metabolico e circa il supporto energetico che comporta sul proprio ospite, cioè l’uomo.
Microbioma e microbiota
Prima di parlare del microbiota può essere utile fare una distinzione. Parliamo di microbioma quando ci riferiamo al materiale genetico (quindi DNA e RNA) posseduto nei geni dei microrganismi (batteri ma anche virus, fagi, archea e protozoi) che sono contenuti in qualunque tratto del nostro organismo, sia esterno che interno. Il microbiota, al contrario, è rappresentato dagli stessi microrganismi, che colonizzano qualsiasi tratto del nostro organismo: dalla pelle (e infatti esiste il microbiota cutaneo), alle cavità interne (nasale, orale, intestinale, vaginale) a quegli organi un tempo considerati sterili, come le vie aeree, i polmoni, gli occhi. Il microbiota più ricco è senza dubbio quello intestinale. Ecco alcuni numeri utili per capirne l’importanza:
- la superficie di assorbimento della mucosa intestinale è di 400 metri quadrati, corrispondenti a circa due campi da tennis;
- nel nostro organismo vivono più di 1000 specie batteriche;
- i batteri sono da 10 a 50 volte più piccoli e 9-10 volte più numerosi delle cellule umane;
- il 95% dei batteri si trova nell’intestino;
- i batteri intestinali negli adulti hanno un peso che varia tra 1 e 2 kg;
nel nostro intestino sono presenti 200-600 milioni di neuroni (tanto che si parla di un sistema nervoso intestinale, il cosiddetto “secondo cervello’’!); - nell’intestino è localizzato il 70% delle cellule immunitarie dell’organismo.
La popolazione di microbi “buoni” dell’intestino è la grande maggioranza, e contribuisce a proteggere l’ospite – cioè l’uomo – producendo il muco che fa da barriera tra i microrganismi e le cellule che formano le pareti dell’intestino. Inoltre, stimola la risposta infiammatoria e le difese immunitarie nel caso di un attacco all’organismo.
Per questi motivi, il microbioma è diventato un campo di estremo interesse per tutta la medicina: a differenza di alcuni fattori non modificabili che incidono sull’insorgenza di malattie – quali l’età e la genetica – il microbioma può infatti essere modificato.
Varietà e impoverimento
La dieta, lo stile di vita, l’abuso di farmaci, l’invecchiamento sono tutti fattori che influenzano il nostro equilibrio intestinale. Esiste infatti una correlazione stretta tra ciò che mangiamo, i microbi che abitano il nostro intestino e il nostro stato di salute. Teniamo a mente che la scarsità di fibre nella nostra alimentazione comporta una modifica del comportamento dei batteri intestinali: abituati a metabolizzarle e non trovandone più a disposizione, essi attaccano il muco che protegge l’intestino dagli altri microbi che, a contatto con le cellule intestinali, provocano un’infiammazione. Per questo si crede che l’impoverimento del microbiota potrebbe essere alla base della diffusione di alcune patologie tipiche del nostro tempo: cancro del colon, malattie autoimmuni, obesità, ma anche patologie depressive e disturbi d’ansia.
Dieta
I nostri antenati avevano una dieta ricca di fibre e dunque possedevano una quantità e una varietà maggiori di microbi: prima dell’era industriale la nostra specie si è nutrita per millenni di vegetali e di cacciagione e ancora oggi alcune popolazioni di “nativi” presentano il 50 per cento in più di specie rispetto a quelle contenute nell’addome di nordamericani ed europei.
Una dieta ricca di fibre (legumi, cereali integrali, frutta, verdura) può quindi dare origine a una maggiore biodiversità del microbiota: tuttavia, non è comunque una soluzione in grado di recuperare le varietà di batteri che non sono già presenti nel nostro organismo alla nascita. Un esperimento condotto sui topi presso l’Università di Stanford ha infatti dimostrato che i microbi scomparsi dall’intestino della madre – molti dei quali vengono trasmessi attraverso il contatto con pelle, capezzoli e labbra – risultano estinti nell’intestino del figlio immediatamente dopo il parto.
Stile di vita
Oltre all’alimentazione, esistono altri fattori alla base dell’estinzione microbica nell’uomo occidentale. Gran parte delle cause vanno ricercate nella crescita scientifica e nel progresso tecnologico, come l’urbanizzazione e il conseguente allontanamento dell’uomo da terreni agricoli e bestiame (capaci di fornire una maggiore varietà di microrganismi), ma anche l’uso degli antibiotici, che sono in grado di uccidere gran parte della nostra microflora.
Età
Altra condizione da considerare è l’invecchiamento, i cui effetti sulle variazioni del microbiota sono oggetto di studi recenti. In questo caso, è necessario tenere conto del fatto che le alterazioni del microbiota intestinale dell’anziano non dipendono necessariamente dall’invecchiamento stesso, ma possono essere conseguenti al declino dello stato di salute generale, alla malnutrizione, alla maggiore necessità di farmaci (come antibiotici e farmaci antinfiammatori non steroidei), tutte situazioni che si manifestano frequentemente nel soggetto anziano. Sono state infatti dimostrate differenze nella composizione del microbiota tra il soggetto anziano sano e il soggetto ospedalizzato, situazione che dimostra ulteriormente come le condizioni di vita, lo stato di salute, la nutrizione e l’uso dei farmaci abbiamo un effetto significativo sulla composizione del microbiota.
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