Crescere un figlio è un atto d’amore infinito, ma anche una danza complessa tra il bisogno di proteggere e la necessità di lasciar andare. Allo stesso modo, vedere un genitore invecchiare e diventare fragile significa affrontare un ribaltamento di ruoli che cambia per sempre il nostro modo di amare. Sanremo 2025 ha portato sul palco queste due facce della relazione genitori-figli, con Brunori Sas e Simone Cristicchi come voci narranti di due viaggi emotivi complementari: uno che parte dall’infanzia e si spinge verso l’autonomia, l’altro che affronta il declino e la perdita. Due prospettive diverse, un unico tema universale: il legame che ci definisce.
Brunori Sas, con L’albero delle noci, ha trasformato in musica il delicato equilibrio tra protezione e libertà. Il protagonista del brano si descrive come un “canguro fra il passato e il futuro”, metafora perfetta del genitore che oscilla tra il desiderio di trattenere e la consapevolezza che, per amare davvero, bisogna permettere di volare. La canzone racconta il viaggio della genitorialità attraverso immagini potenti, tra paure, speranze e inevitabili trasformazioni.
Chiunque sia genitore conosce questa altalena emotiva: il primo giorno di scuola, la prima bicicletta senza rotelle, il primo viaggio da solo. Si passa dalla paura all’orgoglio in un battito di ciglia, e ogni volta si ha la sensazione di dover trattenere una lacrima mentre si applaude. La neuroscienza conferma questo dualismo. L’amore genitoriale non è solo un sentimento, ma un processo neurobiologico profondo. Il sistema limbico, con l’amigdala e l’ipotalamo, alimenta l’istinto di protezione, rilasciando ossitocina e dopamina ogni volta che il genitore percepisce il bisogno di accudire. Ma la crescita del figlio impone un nuovo equilibrio: la corteccia prefrontale, responsabile della regolazione emotiva, deve imparare a disattivare l’iper-vigilanza, permettendo al bambino di sviluppare autonomia.
Il distacco non è facile. Il cervello di un genitore vive la separazione come un piccolo lutto, eppure, senza questa fase, il bambino non potrebbe mai trovare la sua strada e costruire una propria identità. Nella canzone di Brunori Sas, l’immagine dei “riccioli meravigliosi” della figlia che cresce troppo in fretta diventa simbolo di accettazione: il genitore non trattiene più, ma accompagna. E lo fa con il cuore gonfio di orgoglio, con un sorriso malinconico ma sincero, sapendo che ogni passo in avanti del figlio è una vittoria condivisa.
L’immagine della “piccola fiamma” negli occhi della madre e della “nuova stella polare” suggerisce che la genitorialità non è solo un processo di cura, ma anche di trasformazione interiore. Il cervello di un genitore cambia nel tempo, modellando la propria memoria emotiva per accettare il distacco senza viverlo come una minaccia. Ma non solo! Il cervello di un genitore impara, con il tempo, a trasformare la paura del distacco in fiducia: fiducia che il proprio figlio troverà la sua strada, fiducia che l’amore non si misura nella vicinanza fisica ma nella capacità di restare anche quando si è lontani.
Dall’altra parte del cerchio della vita, Quando sarai piccola di Simone Cristicchi affronta un altro tipo di distacco: quello che avviene quando i figli diventano custodi dei propri genitori. Ispirato alla malattia della madre del cantautore, il brano parla della fragilità di chi un tempo era il nostro rifugio e che, con il passare degli anni, diventa lui stesso bisognoso di cure.
Il ribaltamento dei ruoli non avviene solo nella vecchiaia, ma inizia già nell’adolescenza, quando i figli iniziano a scorgere le debolezze di chi li ha cresciuti. Ricordate quando, da bambini, si pensava che i genitori avessero tutte le risposte? Poi arriva il giorno in cui li si vede esitare davanti a un problema, confondersi su un dettaglio, ammettere di non sapere. E quello è un primo, minuscolo ma potente segnale che i ruoli stanno cambiando.
Prendersi cura di chi ci ha cresciuti è un’esperienza di amore, ma anche di logoramento. Il cervello rilascia ossitocina, rafforzando il legame, ma al tempo stesso produce cortisolo, l’ormone dello stress, che spiega il peso emotivo del caregiving. Il momento più difficile? Vedere il proprio genitore diventare irriconoscibile, perdere quella sicurezza che ci ha accompagnati per tutta la vita. La trasformazione qui è dolorosa, perché non lascia spazio alla speranza del ritorno, ma solo all’accettazione della perdita. Eppure, in questo passaggio, c’è anche una dolcezza inaspettata: una carezza che ricalca i gesti dell’infanzia, un sorriso che riporta alla memoria i momenti felici, un abbraccio che diventa un ponte tra passato e presente.
In alcuni casi, soprattutto quando il rapporto genitore-figlio non è stato sempre sereno, possono emergere sentimenti ambivalenti. La rabbia può derivare da vecchie ferite mai sanate, mentre il senso di colpa può nascere dalla percezione di non riuscire a fare abbastanza o dal desiderio di distaccarsi da un genitore che si è rivelato poco presente o addirittura tossico in passato. È fondamentale riconoscere che queste emozioni sono normali e legittime.
Il distacco da un genitore non è solo una perdita, ma anche un’opportunità di crescita interiore. La morte di chi ci ha generato rappresenta uno dei momenti più profondi di trasformazione nella vita di un essere umano. Se da un lato è un evento doloroso, dall’altro può portare alla legittimazione di parti della nostra identità che fino a quel momento erano rimaste in ombra, ed è un processo di elaborazione che ci permette di ridefinire noi stessi e di trovare nuove forme di significato nelle nostre esperienze.
Cristicchi, con la sua canzone, ha dato voce a un’esperienza che tutti, prima o poi, viviamo: vedere i nostri genitori diventare “piccoli”, vulnerabili, bisognosi di cure. Non tutti i rapporti genitore-figlio sono uguali e non tutti vivranno questa fase nello stesso modo, ma ciò che accomuna ogni storia è la necessità di affrontare il cambiamento con consapevolezza ed empatia.
Brunori Sas e Simone Cristicchi hanno dato voce, con toni diversi ma profondamente
complementari, al viaggio che ogni essere umano compie tra infanzia e vecchiaia. L’albero delle noci racconta la difficoltà di un genitore nel lasciare andare un figlio che cresce, mentre Quando sarai piccola affronta il dolore di un figlio che deve accudire un genitore che si spegne.
Entrambi ci ricordano come il legame genitori-figli non si misuri nella vicinanza fisica, ma nella capacità di restare anche quando la distanza, l’età o la morte ci separano. La vera essenza della genitorialità sta nell’equilibrio tra protezione e libertà, tra accudimento e distacco.
E se c’è un linguaggio capace di celebrare questa straordinaria danza della vita, è proprio la musica. Perché, in fondo, ogni storia d’amore, ogni attimo condiviso, ogni emozione che ci lega è una nota di quella melodia senza tempo che chiamiamo vita. E, a Sanremo, questa melodia ha risuonato più forte che mai.
Leave A Reply