C’è una stagione della vita che a lungo abbiamo guardato con timore, quasi fosse il preludio alla fine, un lento e malinconico congedo. E invece, oggi più che mai, la vecchiaia– quella vera, quella consapevole, quella vissuta – si rivela come un tempo sorprendentemente nuovo, libero, fertile. È una stagione che non parla di declino, ma di trasformazione. È il tempo in cui, finalmente, ci si appartiene.
A settant’anni si può essere felici. Anzi, è proprio lì che sboccia una felicità nuova, più essenziale e libera dalle pressioni della performance, della competizione, delle maschere da indossare. Non si ha più nulla da dimostrare, se non a se stessi. Non si rincorrono carriere né approvazioni. Si può finalmente vivere. La pensione non è il ritiro, è un ritorno:a sé, ai propri desideri rimasti inascoltati, a un tempo dilatato che si può riempire di passioni nuove o riscoperte.
Entro il 2050, oltre 2 miliardi di persone avranno più di 60 anni. In Italia, siamo già il paese europeo più longevo, l’aspettativa di vita supera oggi gli 80 anni – 85 per le donne – e la scienza conferma ciò che molti sentono nel corpo e nell’anima: i settantenni di oggi sono i cinquantenni di ieri. Più attivi, più colti, più curiosi. Come ha detto una ricercatrice finlandese: “Un 75enne di oggi ha la forma fisica e mentale di un 55enne degli anni Ottanta”. Frutto di una vita cresciuta tra migliori condizioni igieniche, alimentazione più sana, maggiore istruzione e benessere.
Oggi, dunque, sappiamo che invecchiare bene è possibile, e non solo: è una scelta, una direzione, un percorso da costruire passo dopo passo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ci ricorda che invecchiare è un processo naturale, ma come invecchiamo può fare tutta la differenza. Il concetto di active aging–invecchiamento attivo– non è un lusso per pochi, ma una necessità sociale, culturale e sanitaria. Perchè questa longevità che oggi ci appartiene non è solo una fortuna individuale, bensì una risorsa collettiva, un patrimonio umano che, però, troppo spesso viene ignorato o sottovalutato.
Abbiamo visto che viviamo di più e, grazie ai progressi della scienza e alle migliori condizioni di vita, viviamo anche meglio. Eppure, accanto a tutto questo splendore, si nasconde una ferita, che è la solitudine. In Italia, i 70-80enni soffrono di isolamento molto più che nel resto d’Europa. Il 14%non ha nessuno a cui chiedere aiuto. Il 12% non ha nessuno con cui condividere un pensiero. Un silenzio che pesa più delle rughe, più dei dolori articolari, più della memoria che vacilla.
La solitudine non è solo un sentimento: è un vero e proprio fattore di rischio per la salute. “Nessun uomo è un’isola”, diceva John Donne, e oggi la scienza lo conferma. La solitudine alimenta la depressione, indebolisce il cuore, aumenta il rischio di morte: in Italia, il 38% dei suicidi riguarda persone sopra i 65 anni. Non è la vecchiaia a uccidere, ma l’abbandono. A questo si somma l’ageismo: quel messaggio sociale sottile ma costante che dice “se sei vecchio, sei inutile”. Lo abbiamo visto anche durante la pandemia, quando si sceglieva chi salvare, lasciando ferite profonde.
Eppure, gli anziani sono una risorsa preziosa. Non vanno lasciati soli, ma ascoltati, coinvolti,“sfruttati” per ciò che possono trasmetterci. La società deve iniziare a guardare agli over 70 non come a un peso, ma come a un serbatoio prezioso di energia, sapere, valori. E’ necessario ribaltare lo stereotipo dell’anziano come persona fragile, passiva, sola. Dobbiamo restituire ai nostri anziani un ruolo nella società, nei legami, nella vita. Devono potersi sentire ascoltati, utili, protagonisti. Perché l’età non è un confine, ma una nuova possibilità. Non è più tempo di relegare la terza età ai margini della società, in un angolo fatto di silenzio, fragilità e solitudine. Invecchiare non è solo perdere, è una “diminutio” luminosa: una spoliazione che lascia spazio alla tenerezza, alla meraviglia, alla memoria che illumina e nutre. È il tempo della gratuità, della presenza silenziosa che consola, del racconto che diventa eredità. I ricordi non servono alla nostalgia, ma a trasmettere saggezza. Perché i giovani hanno bisogno dei vecchi, del loro sguardo consapevole, dei loro errori e delle loro vittorie. Un proverbio africano dice: “Il giovane cammina più veloce, ma l’anziano conosce la strada.” Il giovane incarna la forza e la velocità, ma l’anziano conosce la direzione. Il vero progresso nasce dall’incontro tra queste due dimensioni: la spinta del giovane e l’orientamento dell’anziano. Insieme, possono arrivare dove conta davvero.
Allo stesso modo, gli anziani vanno incoraggiati a prendersi cura di sé, con quell’ottica di invecchiamento attivo finalizzato ad un invecchiamento in salute. Anche se molti aspetti della vita sfuggono al nostro controllo, ce ne sono altri su cui possiamo agire consapevolmente per costruire una vecchiaia piena di significato e benessere. Lo dimostra uno degli studi più longevi al mondo: la ricerca di Harvard sullo sviluppo umano. Nel 2001, sono stati identificati sette ambiti fondamentali per favorire un futuro sano e felice: fumo, alcol, peso corporeo, attività fisica, resilienza emotiva, istruzione e qualità delle relazioni. Smettere di fumare, ridurre o eliminare l’alcol, mantenere un peso sano e muoversi ogni giorno sono scelte che fanno la differenza. Coltivare la resilienza emotiva attraverso meditazione, psicoterapia o riflessione rafforza l’equilibrio interiore. Continuare a imparare e a essere curiosi tiene la mente viva. E soprattutto, investire nelle relazioni è il vero segreto del benessere: legami autentici sono i mattoni più solidi della felicità, come ricorda Robert Waldinger, direttore dello studio di Harvard.
L’invecchiamento attivo non è un’utopia, ma una scelta quotidiana. Ogni passo verso una vita più sana, consapevole e connessa è un dono al proprio futuro. Serve una nuova visione condivisa: una cultura che non fugga la vecchiaia, ma la onori; che la protegga dalla solitudine e ne celebri la bellezza; che offra strumenti per un benessere globale e olistico. Invecchiare è il privilegio dei vivi. E può essere una stagione di grazia, profondità e stupore.
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